Tempio siculo dedicato a Giove Etneo (sekeles o shekelesch)

Area sacerdotale

 TEMPIO SICULO O SEKELES
DEDICATO A GIOVE ETNEO O AMON

Contrada Sovere

Castiglione di Sicilia si trova su una collina situata sul versante nord dell'Etna, nel bel mezzo della Valle che il fiume Alcantara solca tra Randazzo e Taormina; è uno dei comuni del Parco dell'Etna e del Parco fluviale dell'Alcantara.
Prima dell'arrivo dei greci, giunti in Sicilia nel 734 a.C. per fondare Naxos, l'intera isola era abitata dal popolo dei Sicani e dei Siculi ed Elimi, dove sono evidenti le loro tracce anche nel castello di Castiglione. Altre tracce affermano la presenza del popolo romano nel periodo della Repubblica, dove non è da scartare l’ipotesi che Castiglione fosse un centro di reclutamento dell’esercito romano. Anche nel periodo normanno Castiglione era già una città fiorente, come affermato dall’arabo Muhammad al-Idrisi nel Libro di Ruggero: «Castiglione (Quastallum) è alto di sito, fortissimo, prospero, popoloso, ha dei mercati (nei quali molto) si compera e(molto) si vende».
A Castiglione di Sicilia, distante dall’abitato circa 2 Km, dalla parte della riva destra del fiume Alcantara, antico Akesines, vicino a un sito con una tomba a grotticella artificiale e ad una grotta, in un piano quadrato di circa mt 324  vi è un tempio in arenaria del Flysch di Capo d’Orlando.
Sicuramente è stato, nei suoi componenti, modellato dall’uomo. La fitta vegetazione non permette un’esplorazione dei d’intorni ,che potrebbe a mio avviso riservare ancora dell’altro.
Alcune pagine della nostra storia, a mio avviso, si potrebbero collegare alla storia di questo tempio.Da frammenti del Lib. XXXIV della Biblioteca Historica di Diodoro Siculo:

 "Il Senato paventando l'ira degli dèi, consultati i libri Sibillini, pensò di dover mandare in Sicilia alcuni del collegio dei Decemviri. I quali avendo girato per tutta l'Isola, consacrarono con certe cerimonie e sacrifici gli altari dedicati a Giove Etneo e fattivi attorno una muraglia, ne chiusero l'adito a tutti, eccettuati quelli che delle singole città erano soliti ad essere mandati a quegli altari, onde farvi secondo l'uso dei loro maggiori i sacrifici patrii".
“Proprio stamane, giovani Ninfe e divertiti Satiri, condurranno quanti amano tornare ad essere ciò che erano, nella Valle delle Muse. Anche qui, vasche intagliate nel vivo masso, utilizzate dai sacerdoti, venivano riempite del caldo sangue delle vittime (capri e agnelli) per celebrare in onore di Palico, l'amena zolla che arricchiva, con i suoi doni, la mensa dei devoti, che da ogni parte della Sicilia ivi giungevano. Memori di cotanto rito, ancora oggi, (nel mese di agosto) rappresentanti dei villaggi viciniori, pervengono per celebrare le medesime divinità, anche se hanno oggi cambiato nome.”

Questo tipo di decemvirato (denominato anche decemviri sacrorum) aveva funzioni religiose ed era stato concesso su pressione della plebe che reclamava una divisione paritaria nell'amministrazione della religione di Stato (cinque decemviri erano plebei, cinque erano patrizi). Furono nominati per la prima volta nel 367 a.C. al posto dei duumviri ("due uomini") patrizi che avevano avuto le responsabilità della cura e della consultazione dei libri Sibillini e della celebrazione dei giochi dedicati ad Apollo. L'appartenenza a questo collegio sacerdotale (collegium) era a vita.
Durante la prima guerra Punica una tremenda eruzione dell’Etna indusse il Senato Romano a trarne la conseguenza che le divinità siciliane dimostrassero con essa la loro disapprovazione.
Come ci riferisce Diodoro Siculo, in frammenti del Lib. XXXIV cap. 28 della Biblioteca Historica "il Senato paventando l'ira degli dèi, consultati i libri Sibillini, pensò di dover mandare in Sicilia alcuni del collegio dei Decemviri. I quali avendo girato per tutta l'Isola, consacrarono con certe cerimonie e sacrifici gli altari dedicati a Giove Etneo e fattivi attorno una muraglia, ne chiusero l'adito a tutti, eccettuati quelli che delle singole città erano soliti ad essere mandati a quegli altari, onde farvi secondo l'uso dei loro maggiori i sacrifici patrii". “Anche qui, vasche intagliate nel vivo masso, utilizzate dai sacerdoti, venivano riempite del caldo sangue delle vittime (capri e agnelli)”
Il Senato Romano emanò quindi disposizioni religiose a tutele del culto delle divinità sicule. Lo stesso Diodoro Siculo racconta che i devoti giungevano da ogni parte della Sicilia per celebrare le stesse divinità, anche se con nome diverso.
Secondo l'egittologo Cristian Greco gli sekeles o shekelesch erano una popolazione facente parte della confederazione dei popoli del mare che appare nelle fonti scritte egizie durante il periodo del nuovo regno, e l'identifica con i Siculi le forme piramidali nel tempio arcaico (dei padri) ci rimandano a questo periodo anche se sarà oggetto di dibattito.




Tutti i diritti riservati a ©Giuseppe Tizzone


Planimetria



Area riservata ai sacerdoti sacerdoti ci rimanda ai riti orientali per comparazione con la tavoletta d'argento di Ai Khanoum
La forma piramidale del vertice ci rimanda ai Sekeles

Altare centrale 




“Anche qui, vasche intagliate nel vivo masso, utilizzate dai sacerdoti, venivano riempite del caldo sangue delle vittime (capri e agnelli)”


Altare centrale

  All'entrata due coppelle, usate come consuetudini nei templi antichi
 ,per i liquidi  pscotropi e per il sangue dei sacrifici 

Area sacerdotale


                       
                                       

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